La filosofia di Martin Heidegger, uno dei pensatori più influenti del XX secolo, si sviluppa attorno alla sua riflessione sull’essere, una questione che per lui era stata trascurata dalla tradizione filosofica occidentale. Il suo pensiero si apre con Sein und Zeit (1927), dove analizza l'esistenza umana, o Dasein, come l'essere nel mondo, impegnato in un rapporto ontologico con il proprio tempo e la propria morte. Heidegger critica la metafisica tradizionale, accusandola di aver dimenticato l'interrogativo fondamentale dell'essere, concentrandosi invece su categorie e concetti astratti. Negli anni successivi, la sua filosofia evolve, abbracciando una lettura più poetica e mistica dell'essere, influenzata dalla tradizione della metafisica tedesca, dalla fenomenologia di Edmund Husserl e dall'esistenzialismo. Heidegger esplora temi come il linguaggio, il destino della tecnica e l'alienazione dell'uomo moderno. Negli anni '40 e '50, la sua riflessione si sposta verso il concetto di Gelassenheit (lasciar essere), un atteggiamento che si oppone all’approccio strumentale e dominatore della tecnica. La sua adesione al nazionalsocialismo, pur controversa, ha influenzato le letture politiche del suo pensiero, ma non ha impedito la sua continua centralità nel panorama filosofico contemporaneo, dove il suo pensiero resta un punto di riferimento per le discussioni sull’ontologia, l’arte, la tecnologia e l’autenticità dell’esistenza umana.
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