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Rated: E · Fiction · None · #2333860
stralcio 1 capitolo
“Siamo arrivati.” La viuzza svoltava verso sinistra e a destra si apriva uno spazio libero da case e muretti che fino a quel momento avevano impedito qualsiasi visuale. Sorprendeva ora l’azzurro vivido e il mare che entrava a lambire il caseggiato. Udì chiaro lo sciabordare quieto delle onde sulla riva, sotto la banchina. Qualche sbuffo di aria portava un odore salmastro mischiato a un puzzo di nafta. Il viottolo finiva lì, contro un palazzotto grigio di due piani. Davanti chiudeva l’ingresso un largo portone in ferro verniciato di verde sul quale stava una scritta bianca sbilenca fatta a mano: “Hostel”.
A quella vista ebbe un sussulto. Si fermò impietrito. Un fiotto di sangue irrorò il cervello e un’ira furibonda lo pervase. Sbottò in un grido disperato: “Ma mi hai portato in un ostello? Mi hai detto che era un albergo!” disse rabbioso, fissandolo negli occhi pronto a una lotta ancor più serrata, anche a menar le mani benché avesse sessant’anni. Aulon lo guardò con la sua faccia tonda e gli occhietti minuti che ora apparvero piccoli come grani di pepe, rimanendo impassibile. Solo un lieve imbarazzo trapelò per uno sbattere strano delle palpebre. “No, scrivono hostel ma è un bed and breakfast, le camere sono indipendenti. Vieni a vedere,” rassicurò. Lui era distratto per tutta una serie di pensieri che si agitavano nella mente. Dormire in un letto a castello in una camerata tra i rutti e le scorregge per 300 euro al mese? Pazzesco. So bene che in questo Paese si può trovare un appartamento spazioso agli stessi soldi e anche a meno. Mi hanno riferito di persone che pagano ottanta euro per un piccolo appartamento in periferia. Con questo giochetto Aulon si prenderà certamente almeno cento euro dai proprietari e da me isoldi della mediazione. Centocinquanta euro! Una bella cifra per una passeggiata con la bicicletta. Non è la prima volta che mi fanno questo scherzo.
Anni prima, dovendosi trasferire dal centro al sud, un conoscente del posto gli aveva trovato una topaia lurida che vide al momento dell’arrivo e dagli ottanta euro pattuiti al telefono, si passò ai centoventi. Che cosa poteva fare adesso? Rimanere una notte e il giorno dopo andarsene. Dove? Non conosceva nessuno lì, solo gli amici italiani che avevano la falegnameria, ma era già un mese che cercavano casa per lui e non avevano trovato niente.
Intanto Aulon era già arrivato al portone. Marcello era ancora fermo nel punto del trasalimento dal quale l’aveva osservato inebetito fino a quel momento. Sancho Panza, il pingue maialino, il bambolotto di lardo, e come gli venne in mente di schernirlo in quel frangente, tolse la valigia dalla bicicletta con sforzo e un maldestro gioco di equilibri; tant’è che la bici si ribaltò sulla lamiera del portone con un fracasso di ferraglie. Un attimo dopo ne uscì un suono simile a quello di un gong tibetano.
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